In questi giorni al Liceo Giulio Cesare di Roma è successa una cosa che ha fatto rabbrividire molte persone: nei bagni della scuola è comparsa una “lista di stupri” con i nomi di alcune studentesse.
Non un insulto generico, non una scritta provocatoria. Dei nomi veri, di ragazze reali.
Il collettivo Zero Alibi ha denunciato l’accaduto e la notizia si è diffusa rapidamente. Rabbia, paura, sgomento: sentimenti assolutamente comprensibili. Perché sì, questa cosa fa male. E non è affatto una “ragazzata”.
E’ una violenza. Anche se non c’è un’aggressione fisica.
Scrivere il nome di una persona accanto alla parola “stupro” è un atto di violenza simbolica, che usa la minaccia sessuale per ferire, intimidire e umiliare.
Perché è così grave?
Perché qualcuno ha messo per iscritto l’idea che quelle ragazze possano essere usate, non rispettate.
Perché crea un clima di paura, in cui chiunque può sentirsi in pericolo.
Perché normalizza un messaggio molto tossico: che il corpo delle donne sia un oggetto su cui fare battute o fantasie violente.
La violenza contro le donne spesso inizia così: con parole, “scherzi”, liste, commenti. E quando li minimizziamo, li rendiamo accettabili.
Ma come si sentono le ragazze coinvolte?
Molte lo hanno detto chiaramente: provano schifo, rabbia, imbarazzo, paura.
Non perché credano davvero di essere in pericolo immediato, ma perché si sono viste esposte, ridicolizzate, “messe in lista” come fossero oggetti. E questa sensazione non resta solo a loro: la vive l’intera scuola.
Perché se un ambiente sicuro come una scuola diventa teatro di violenza simbolica, qualcosa si è rotto — e va ricostruito.
Dunque, che cosa serve davvero? Non solo indignazione, ma educazione, empatia e responsabilità
Non basta cancellare la scritta dal muro. Bisogna cancellare l’idea che l’ha generata.
Come?
1. Parlare di consenso e rispetto
Nelle scuole italiane se ne parla ancora troppo poco. Sapere cosa significa “consenso”, empatia, confine personale è fondamentale quanto sapere le equazioni.
2. Creare spazi di ascolto
Le ragazze devono potersi sentire protette e credute. I ragazzi devono avere spazio per capire, riflettere e cambiare.
3. Non minimizzare
Le parole fanno male. E possono aprire la porta a qualcosa di peggio. Prendere sul serio questi atti significa proteggere tutt*.
Non è un problema “delle ragazze”. È un problema di tutti: amici, compagni, insegnanti, famiglie, associazioni.
Perciò, Move2Europe APS, come Associazione che che lavora per l’inclusione e la crescita dei giovani, continuerà ad impegnarsi attraverso laboratori su emozioni, relazioni, affettività e rispetto; attività volte a decostruire stereotipi e linguaggi tossici; creazione di spazi sicuri di confronto per ragazze e ragazzi, campagne online contro la normalizzazione della violenza, collaborazione con psicologi, educatori e associazioni specializzate
Perché costruire una comunità più sicura e più giusta è possibile. E inizia da noi. Tutti noi.
La “lista di stupri” trovata al Giulio Cesare non è una scritta su un muro: è un campanello d’allarme. Ci dice che c’è ancora moltissimo da fare per eliminare la violenza di genere.
Ma ci dice anche che possiamo reagire, che possiamo costruire un’altra cultura. Una cultura in cui nessuno venga umiliato, deriso o minacciato per il proprio corpo. Una cultura in cui il rispetto non sia un optional. Una cultura in cui la parola “stupro” non possa comparire nemmeno per scherzo.
Move2Europe APS è al fianco di chi vuole questo cambiamento. Sempre.
